sabato 20 novembre 2010

Gruppi di potere e sviluppo culturale

Ermanno Detti

Com’è noto in Italia oggi si studia poco e si legge poco. L’Istat ce lo ricorda sempre con le sue indagini, le quali però restano sempre inquietanti: più della metà degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno.
Viene spesso da chiedersi come se la può passare in una società complessa un non lettore, il quale è, almeno generalmente parlando, un ignorante, una persona superficiale, che si informa frettolosamente, che non approfondisce, che non si aggiorna, che si ferma anche nei ragionamenti a livelli certo non strutturati. È dimostrato infatti che è la parola scritta a far fare un balzo in avanti alla strutturazione del pensiero.
Ora le cose potrebbero anche non essere tanto drammatiche. In una società industrializzata e ricca di mezzi di comunicazione il non lettore se la può passare più che discretamente semplicemente capovolgendo tutti i valori nei quali credono le normali persone di cultura. Pensiamo alle persone che ci circondano, non a quelle che frequentiamo, magari sono molto simili a noi, ma a quelle che incontriamo. Non sono poche, per esempio, quelle che considerano positivo dimenticare certi eventi del passato, non avere memoria, disinteressarsi di quello che succede nel mondo. Esse sono felici e contente, perché si sentono anche moralmente più flessibili, più capaci di adeguarsi alle varie situazioni quotidiane e contingenti che il mondo presenta senza fare la fatica di doversi opporre a qualcosa. Informarsi superficialmente è per queste persone un vantaggio, considerano l’approfondimento un’inutile perdita di tempo, anzi un confondersi le poche idee che, essendo poche e superficiali, credono di avere ben chiare. La loro coscienza non soffre di crisi perché per loro fortuna non si pongono troppi problemi, anzi non vogliono porseli. Seguono passivamente, senza volersi affatto difendere, quello che il mondo chiede e offre; sono felici e “qualificati consumatori”.
Tutto questo risponde perfettamente ai fini di un capitalismo che ha insegnato alle masse a leggere e a scrivere in modo da addomesticarle e non perché esse potessero meglio distinguere il giusto dell’ingiusto, il bello dal kitch. Per questo la scuola spesso uccide la fantasia, per usare al meglio i muscoli dei sudditi e per piegare il loro cervello.
Purtroppo un simile atteggiamento lo troviamo non solo tra gli adulti. Anzi sembra essere il modello verso cui anche i giovani tendono.

Ora tutto questo potrebbe andar bene. In fondo se gruppi di persone vivono felici perché disturbarle?
Il fatto è che questa tendenza riguarda ormai gruppi umani che non si limitano a vivere passivamente e marginalmente nella società, ma operano nel mondo dell’economia e della politica, sono in possesso di mezzi finanziari e tecnologici. E ormai si mostrano pericolosi addirittura per la vita del nostro pianeta. Osserviamo il loro comportamento. Proprio grazie alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie perforano la terra a centinaia di metri di profondità sotto i mari e provocano disastri ecologici incalcolabili, fanno morire tra atroci tormenti pesci, uccelli, un’infinità di animali innocenti, distruggono la flora e la vita. Con le nuove armi e la ricerca sfrenata di nuove fonti di energia provocano guerre terribili (tutte le guerre sono terribile ma le ultime risultano particolarmente devastanti), distruggono popolazioni, mari e territori, come è avvenuto con i conflitti in Iraq, in Afganistan, in Jugoslavia. Seguendo logiche di potere, si può giungere a sparare contro navi che stanno portando soccorsi a popolazioni che soffrono per la fame e per l’assenza di medicinali. Il terrore della guerra fredda è ormai lontano, ma si ha come l’impressione di trovarsi comunque in una situazione di grande precarietà per la pace e per lo sviluppo dei popoli. Nemmeno la fantascienza riesce più immaginari, nel cinema e nella letteratura, scenari futuri di progresso.
È evidente che l’intero pianeta soffre dell’ignoranza umana oltre che dell’egoismo. Può essere messa in discussione l’esistenza della vita nel nostro pianeta. Non crediamo che il problema possa essere risolto, come fanno alcune religioni, con il richiamo alla morale o peggio a principi astratti secondo i quali si dovrebbe rinunciare alle scoperte scientifiche che contrastano con quei principi. Se il male e il bene esistono, come sostengono le religioni, bisogna che prevalga il bene e bisogna adoperarsi affinché questo avvenga non solo con la preghiera e aspettando il pentimento dei peccatori. Si dice che il mondo è andato sempre avanti così. Non è proprio vero. Oggi i nuovi mezzi di cui dispone l’umanità richiedono una nuova cultura per chi occupa posti di potere e di scelta e bisogna che chi li elegge possieda una cultura che gli permetta di capire.

Però c’è un’altra faccia della medaglia. La storia più recente ci ha fatto conoscere personaggi particolari, con una sensibilità particolare che ha consentito loro di porsi su piani diversi, di superare i loro egoismi, di essere capaci di porsi un po’ più in alto e di vedere le cose al di là dei loro interessi personali. Non solo, questi personaggi, lontani tra loro e diversi spesso anche per religione e ideologie, hanno elaborato una nuova cultura e sono, o sono stati, tutti impegnati in operazioni di grande rilievo. Alcuni sono rimasti sconosciuti operatori ma altri hanno raggiunto posti di potere. Pensiamo a Luther King o a Gandhi o a Kennedy o a papa Giovanni o a Kruscev o a Gorbaciov o a madre Teresa di Calcutta o a Che Guevara. E a tanti altri che operano in organizzazioni umanitarie e hanno come stendardo la pace, lo sviluppo, il progresso, il rispetto dei popoli e delle persone, le cure anche mediche degli ammalati e degli affamati.
Si dirà che persone di questo genere sono sempre esistite. Sì, ma dovevano affrontare difficoltà terribili, fare i conti con un’opposizione generalizzata e spesso finivano al rogo o vittime di attentati. Un tempo organizzazioni contro la pena di morte o per la pace, per la difesa della natura o per il rispetto degli animali non solo non esistevano ma non erano nemmeno pensabili. È il segno di una nuova sensibilità umana che si va sviluppando parallelamente alle tristi vicende di sopraffazione e di violenza di cui si è parlato.
Purtroppo queste persone, chiamiamole più sensibili, molto spesso soccombono, travolte da chi usa la violenza per affermare i propri voleri e poteri. Anche quando hanno la forza di ergersi, di innalzarsi, molto spesso i migliori vengono uccisi o finiscono inascoltati. Oggi poi attraverso complesse manovre e operazioni anche mediatiche vengono ridotti o al silenzio o al rango di persone eccezionali, particolari, quasi a non persone.
Proprio perché per la loro sanità mentale non sono attratte dal denaro e dal potere, perché le loro ambizioni non sono quelle di soffocare gli altri, molto spesso queste persone restano soffocate e il potere di manovrare le cose del mondo se lo prendono gli altri. Bisogna che questo non accada, che i nostri giovani siano educati a distinguere, che abbiano capacità critiche. Insomma che non siano superficiali e che addirittura sentano il piacere di essere in qualche modo protagonisti del mondo in cui vivono. Non è possibile arrendersi e adagiarsi in una situazione in cui non si riesce a immaginare un futuro positivo.
La questione potrebbe essere ancora una volta pedagogica. Perché è ovvio che per battere le tendenze oscurantiste e antiprogressiste sono necessarie nuove teste, formate intellettualmente e capaci anche di usare la fantasia per immaginare mondi alternativi a quello che sembra andare in un’unica direzione.
Se questo non avviene il gioco è quasi fatto. Persone che magari sanno leggere ma usano l’alfabeto solo per raggiungere un fine contingente o per soddisfare bisogni individuali (consultare un elenco, ricercare un indirizzo, inviare sms, ecc.) saranno facilmente manipolabili dai potenti mezzi di comunicazione. Esse potranno addirittura mettere in discussione i sistemi democratici: gruppi facilmente manipolabili, privi di senso critico, finiscono con il favorire chi detiene i mezzi economici e mass mediali più forti.